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LE NOTE MUSICALI DE " LA SCALA DI SETA" DEL CIGNO DI PESARO

  • di Francesco Ommassini
  • 27 ott 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

Lungi dall’essere semplicemente una situazione che scade nel ridicolo, accezione questa

maggiormente legata alla contemporaneità, la farsa comica è una ben definita forma del

teatro musicale, un genere assai diffuso fra l’ultimo decennio del ‘700 e i primi due dell’800

e a cui anche La scala di seta di Gioachino Rossini appartiene.

Caratteristiche precipue del genere sono la brevità, la presenza di pochi e specifici

personaggi, l’assenza del coro, ed un argomento comico o semiserio, pur con brevi

inserzioni di tono sentimentale. Inoltre, ai tempi di Rossini, la forma della farsa comica (o

giocosa) era talmente diffusa e peculiare che ad esempio a Venezia aveva un teatro ad

essa dedicato: il Teatro San Moisè, la cui programmazione era maggiormente rivolta ad un

pubblico popolare e per il quale lo stesso Rossini compose ben cinque farse, che furono

per l’allora giovane compositore pesarese propedeutiche per lo sviluppo del suo stile più

maturo.


Le farse rossiniane, infatti, possono essere tutte ricondotte ad una sorta di schema, che le

fa somigliare ad un’opera in miniatura: attraverso questi cinque atti unici Rossini iniziò a

codificare una forma specifica, quella dell’opera buffa, che si sedimenterà e sarà di

riferimento anche per i compositori a lui successivi.


Analizzandole nel dettaglio, le farse giocose composte da Rossini tra il 1810 e il 1813

contengono quindi in nuce la forma dell’opera buffa, con la vicenda suddivisa in un due

grandi “arcate” drammaturgiche, al cui centro si inserisce una sorta di proto “finale primo”,

un brano d’assieme (quartetto o quintetto) che conclude la prima parte della narrazione,

durante la quale il complesso nodo di avvenimenti si è sempre più avviluppato per essere

poi progressivamente sciolto nella seconda sezione che si conclude con il lieto fine. In tal

senso, la scelta registica del presente allestimento di inserire l’intervallo in quello che

sarebbe un atto unico diviene assai ragionevole e giustificata dallo stesso andamento

della vicenda, per l’appunto suddivisa in due macro momenti drammaturgici.


Come accennato sopra, altro elemento caratteristico delle farse comiche rossiniane è la

presenza, accanto al lato semiserio e giocoso, anche di una sfumatura maggiormente

sentimentale, solitamente impersonata dalla coppia dei due innamorati (tradizionalmente

soprano e tenore). La scala di seta non fa eccezione: Dorvil e Giulia introducono,

attraverso le loro arie solistiche, momenti di slancio amoroso e anche di profonda

malinconia. L’aria di Giulia, in particolare, introdotta da un languido assolo del corno

inglese, rappresenta forse il frammento più intimo e raccolto dell’opera. Altri due topoi

assai ricorrenti in questo genere di composizioni, e che permarranno anche in compositori

successivi a Rossini, sono quello dell’agnizione (presente in tutte le farse rossiniane, che

si concludono con il riconoscersi e/o il ritrovarsi di due o più personaggi) e soprattutto

l’elemento notturno, solitamente introdotto musicalmente da una serenata e da

un’atmosfere sonora soffusa.

In conclusione, una breve considerazione sugli aspetti esecutivi implicati

dall’interpretazione in epoca moderna di un’opera quale Scala di seta. La difficoltà

maggiore per un interprete dei giorni nostri è certamente quella di riuscire a creare un

equilibrato bilanciamento tra le voci dei cantanti e le sonorità orchestrali: l’utilizzo di

strumenti moderni e il posizionamento dell’orchestra in buca (che ai tempi di Rossini non

esisteva) possono essere d’ostacolo al balance timbrico ricercato. In tal senso, compito

del direttore d’orchestra è di prestare la massima attenzione e la massima cura anche a

questi dettagli, così da aggirare i possibili inconvenienti sonori e creare le migliori

condizioni esecutive, valorizzando la scrittura orchestrale e sostenendo al tempo stesso la

linea del canto.


 
 
 

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