ANCHE LE OPERE LIRICHE SEGUONO LA MODA
- di Alessandra Giorda
- 28 lug 2015
- Tempo di lettura: 3 min

Come ogni cosa anche l'opera segue la moda. Infatti alcune rappresentazioni vanno per la maggiore per un periodo e poi vengono messe da parte per rifiorire nell'alternarsi delle mode e delle culture. Ne è esempio una delle opere buffe più importanti che esistono: IL BARBIERE DI BAGDAD di Peter Cornelius ( 1824-1874) . Richiede un gran numero di cantanti dotati di ricchi e potenti mezzi vocali. E' difficile da spiegare l'attuale impopolarità de DER BARBIER VON BAGDAD che dopo un inizio piuttosto arduo, dovuto ad una partitura vocale decisamente infelice, ha goduto per almeno 30 anni di uno straordinario favore del pubbico in Germania e in alrti paesi europei. Potrebbe proprio trattarsi di una di quelle eclissi passeggere e non mi sorprenderei se tra qualche anno il BARBIERE DI BAGDAD dovesse ottenere il meritato successo. Interessante notare come Cornelius , che viveva in un pieno clima e ambiente wagneriano, abbia saputo creare un linguaggio musicale ben diverso da quello della tetralogia autenticamente nuovo. DER BARBIER VON BAGDAD è un esempio caratteristico della continuità del linguaggio lirico che si era formato nell'opera tedesca dopo Mozart. Tale considerazione vale anche er Wagner. Questo a suggellare che l'arte lirica , dopo Mozart , ha trovato in se la possibilità di svilupparsi in forme diverse.

Prima rappresentazione: Weimar, Teatro di corte, 15 dicembre 1858
TRAMA
Atto primo. Per la trama, Cornelius attinse alle Mille e una notte: il giovane Nureddin, malato d’amore, sospira le grazie della bella Margiana, figlia del cadì, mentre al suo capezzale vegliano le schiave. L’arrivo di Bostana, venuta da parte di Margiana con l’offerta di unrendez-vous,provoca l’immediata guarigione di Nureddin, il cui unico pensiero è adesso quello di farsi bello per non sfigurare agli occhi dell’amata. A questo scopo manda a chiamare il barbiere Abul Hassan, inguaribile chiacchierone che procrastina l’operazione di tonsura sommergendo il cliente con un fiume di parole; Nureddin si spazientisce, ma non riesce a liberarsi di Abul neanche chiamando i servi a raccolta per buttarlo fuori casa e, come se non bastasse, avendo incautamente rivelato il suo prossimo appuntamento, riceve dall’intraprendente barbiere un’indesiderata promessa di aiuto.

Atto secondo. Ha luogo il convegno di Margiana e Nureddin, la cui gioia è inaspettatamente turbata dall’arrivo del cadì; i servi lo portano via nascondendolo nel forziere di Margiana, ma vengono bloccati per strada dal cadì e da Abul, l’uno convinto di essere stato derubato, l’altro di aver di fronte un assassino che cerca di liberarsi del cadavere. Nasce una baruffa generale, sedata solo dall’arrivo del califfo, che ordina l’apertura del forziere e scioglie l’enigma.
Gli ascendenti delBarbier von Bagdadvanno rintracciati sia in Rossini, riecheggiato persino dalla trama, sia nella comicità tedesca, insaporita dallo spirito mordace della tradizione viennese. Rossiniana è la figura del protagonista, factotum alla rovescia che muove l’azione non con l’insostituibile abilità del suo operare, ma con una sequela di rovinose topiche; a metà fra unmiles gloriosuse un dottor Dulcamara, Abul riassume nella sua infaticabile logorrea le caratteristiche più brillanti del basso buffo, trascorrendo con disinvoltura dal sillabato rapidissimo con cui millanta le sue doti al cantabile disteso della canzone con cui si accompagna durante il lavoro.

Dall’opera tedesca, invece, Cornelius mutua il ricorso a scene aperte, innestando sul ceppo comico una soluzione già ampiamente collaudata in ambito serio; eliminati i ‘numeri chiusi’ di matrice italiana, accantonata la forma del Singspiel, il compositore lascia fluire l’azione in un irresistibile crescendo, fino al culmine della baruffa finale, cui sembra di arrivare veramente per il progressivo accumularsi di energia dinamica. La rapidità nella successione degli episodi non provoca alcuna smagliatura nel disegno compositivo, ravvivato dalle sfumature cangianti della strumentazione; la partitura commenta l’azione frangendosi in motivetti secondari, sorta di istantanee che ritraggono con lapidaria efficacia i particolari più minuti e spiritosi. Ogni potenziale dispersività viene scongiurata dal ricorrere di alcuni temi, fra cui campeggia quello della canzone intonata da Abul nel primo atto; la frizzante mobilità dell’intreccio non impedisce a Cornelius di affidare a Nureddin alcuni squarci ariosi, come quello con cui nel secondo atto si presenta a Margiana, liricamente contemplativo come un Lied. Il tocco esotico compare fin dal levarsi del sipario nel primo atto, quando le schiave intonano una berceuse mollemente sincopata e sorretta in orchestra da cromatismi di sapore orientale; il richiamo dei tre muezzin all’inizio del secondo atto aggiunge un’ulteriore riverbero esotico a una vicenda spiritosa, agile e aliena da ogni pesantezza caricaturale.
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